Sono passati alcuni giorni dall'ultimo post e vedo, non con sorpresa, che questo blog continuo a scrivermelo e a leggermelo. E, devo ammetterlo, tutto sommato questo non è un gran problema. Sarei felice se qualcuno lo leggesse, certo, e, poi, se vedessi che qualcuno ha pure commentato, stapperei una bottiglia di spumante. Ma bisogna rimanere con i piedi per terra. Cominciare a scrivere un blog nel 2010, quando ormai chi doveva farlo l'ha già fatto, quando molti addirittura stanno abbandonando, quando è molto più cool presenziare su piattaforme come facebook e twitter, cominciare da zero di questi tempi è davvero difficile.
Non sono mai stato un geek (devo cominciare anch'io a utilizzare inutili parole anglofone, fa figo). Non che in astratto la rete, la tecnologia, i new media non mi affascinassero. Anzi, sono sempre stato un aspirante geek. Cazzo internet è il futuro, cazzo che figata fare questo o quest'altro al computer! Comincia la rivoluzione! poi però dopo dieci minuti mi stancavo. Un gran mal di testa e il senso di inanità improvvisamente si impadroniva di me. E poi guarda fiori che sole! Cavolo posso chiamare un amico e andiamo a prendere un caffé. Lì c'è un amplificatore e una chitarra, che facciamo perdiamo altro tempo? Ho sempre continuato a comprare la copia cartacea di Repubblica. Anche anche uno come Trotsky avrebbe avuto qualche problema in più oggi.
Mentalità novecentesca. Metabilismo lento incompatibile con la rapidità di oggi, per cui se un pomeriggio vai a fare una passeggiata sei già fuori dal mondo della rete. Alla fine l'ho sempre vissuta un po' così, col fiatone, sta rivoluzione telematica. Oscillante tra l'affermazione "questi sono tutti scemi" e la domanda "ma dove vivo? sulla luna?".
Poi un giorno la mia vita reale, che con i suoi alti e bassi aveva più o meno sempre avuto un capo una coda, improvvisamente si è ritrovata senza questi. Non che sia una condizione dolorosa e neppure una condizione vuota. Anzi, e sono io il primo a stupirmene, è una condizione tutto sommato piacevole. Tant'è che, privato di alternative reali a portata di mano, mi è venuto naturale passare i pomeriggi davanti a sto coso rettangolare di plastica grigia pesante 4 chili. Il mal di testa rimane, ma apparte questo è devvaro divertente. Ed eccomi a scrivere un post che avrebbe avuto un suo perché cinque o sei anni fa (tradotto con la moneta corrente: molte ere fa), mentre oggi sembra uno scritto dell'Egitto protodinastico in cui si elogiano le fantastiche possibilità offerte dalla nuova tecnica del papiro. Spero che gli archeologi apprezzino
"the question is," said Alice "whether you can make words mean so many different things"
"the question is" said Humpty Dumpty "which is to be the master- that's all"
Eccomi appena tornato dalla visione, condivisa con amici, della 'storia siamo noi'. titolo della puntata: "Craxi, una storia italiana". Commenta un amico: "vediamo che ci dicono. Mi sembra che 'la storia siamo noi' sia una trasmissione abbastanza imparziale, di quelle che cercano di riportare i fatti e di dare spazo un po' a tutti i punti di vista, no?". Saggio il mo amico. Tutti assolutamente d'accordo. Con questa aspettativa e con una pizza surgelata scaldata per l'occasione e farcita di porri e melanzane, ci accingiamo a vedere la trasmissione. Noi in quegli anni eravamo bambini. Ma ecco che la rai svolge la sua funzione educativa, ecco che racconta alle nuove generazioni come è andata la storia, in modo che gli errori del passato non vengano ripetuti e che le cose buone diventino invece riferimento ed ispirazione. Per noi giovani. La storia siamo noi.
Morale della favola: due ore per dirci che Craxi, sul modello di Gesù Cristo, ha salvato l'Italia e, sempre come Gesù Cristo, è stato martire. Sempre per il popolo italiano, l'ingrato popolo italiano. Ha modernizzato il paese, lo ha salvato dall'inflazione, ha tenuto stretti i rapporti con le forze politiche mondiali più evolute. Ha precorso sempre la storia. Troppo al dì là con lo sguardo. Mai un errore. Se non quello, quado stava per essere indagato per tangenti, di essere stato troppo sincero nel dire in soldoni: "chi è senza peccato scagli la prima pietra (sempre come nostro Signore).
Ora io non sono uno storico né uno studente di storia, né, come ho detto, ero consapevole in quegli anni di cosa succedesse nel panorama politico italiano. Avevo sì e no 10 anni. Per cui, come la stragrande maggioranza dei miei coetanei, non posso far altro che credere a quello che Minoli ha raccontato in quel documentario. Cavolo, persino Dalema ha voluto i funerali di stato alla morte di Craxi!
Eppure qualcosa non torna. Allora ci mettiamo a cercare su internet e c'è qualcuno, sicuramente un terrorista, o un congiurato, oppure, viste le similitudini tra Craxi e Gesù, il diavolo in persona, che riporta i fatti in modo un po' diverso. Anzi, sembra si parli di un'altra persona. Però questo diavolo sembra portare argomenti convincenti: il debito pubblico cresciuto a livello esponenziale, i conti esteri segreti personali (e non di partito), dove arrivavano tangenti (anche di Berlusconi), la gestione torbida delle alleanze politiche (il CAF), il clientelismo, la tracotanza sfacciata. eccetera eccetera eccetera.
Possibile che tutti, Pd, Pdl, lega, UDC, quasi tutto il giornalismo italiano e chi più ne ha più ne metta (tutti a dirci che Craxi è un santo), tutti ci prendano per il culo così? No, cribbio! Il diavolo si sa, è bravo come tentatore. E per un attimo siamo tentati di credergli.
Ma un attimo dura un attimo. Per cui subito dopo ci riprendiamo dal torpore e spegniamo disgustati la rete. Accendiamo rai 1. E c'è Vespa che, come ogni sera, ci rassicura con quella faccia da adone e ci racconta di nuovo la buona novella. E' lì che ci guardiamo con occhi complici. Gli occhi di quando sai che anche gli altri stanno pensando la stessa cosa che tu stai pensando. Ci guardiamo con occhi complici e gridare in coro a quel punto è naturale: "Craxi santo subito! Craxi santo subito!
Avviso subito che sto per raccontare delle barbare e mostruose pratiche perpetrate da un popolo, e di come queste pratiche appiano, agli occhi dei membri del suddetto popolo, come comportamenti assolutamente comuni, normali e financo in linea con l'etica. So che questo urterà la sensibilità evoluta dell'uomo e della donna d'Italia, che, ahimé, sappiamo essere uno degli ultimi bastioni di civiltà rimasti.
Ma andiamo con ordine. Di recente mi è capitato di incontrare una cara amica spagnola, di barcellona. Eravamo seduti ad un tavolo e la conversazione scivolava liscia e piacevole tra vari argomenti; finché questa non comnincia a parlarmi dei suoi amici. Mi dice di Marta che è architetto, così come Andrea e Stivalis, di Anna che è psicologa, e ha altre 4 amiche psicologhe e altrettante invece che sono avvocatesse, tra cui Giorgia. All'inizio ero rilassato, ma poi mi irrigidisco sospettoso e chiedo: "ma tu hai amici e amiche soltanto di una certa età?"
"No, perché questa domanda? Marta ha 27 anni e Stivalis 28, come Anna del resto.. direi che siamo tutte tra i 25 e i 30". Avete capito bene: tra i 25 e i 30. Questa nazione di mostri e barbari che è la Spagna fa accupare le cariche professionali di maggiore responsabilità, quelle che determinano il benessere e il buon funzionamento della società, i medici, gli avvocati, gli architetti, gli psicologi, gli insegnanti, i funzionari, gli educatori, la Spagna fa fare questi lavori agli adolescenti. A quelli che stanno attraversando gli anni in cui, finita l'univerità, ci si affaccia timidamente, pieni di incertezze e di timori, al mondo ambiguo e contraddittorio dell'adolescenza: i venticinque-trentenni. Alla scoperta della sessualità, ancora incerto della propria identità, attratto e repulso al contempo dalla progettualità propria della vita adulta, questi spagnoli ti prendono e ti sbattono immediatamente nelle più importanti cariche lavorative. E lo fanno con una spudoratezza! come se fosse una cosa ovvia. Io, come voi, da buon conoscitore della progredita realtà italiana, so bene come sia giusto non pensare neppure di cominciare prima dei cinquanta-sessanta anni a intraprendere queste attività, e come sia praticamente impossibile farle bene prima dei settanta. Ho guardato la mia amica con gli occhi strabuzzati, incredulo di cotanta depravazione. Ma il bello è che lei (professoressa di catalano, tra l'altro; a 28 anni, che barbarie!), invece, sembrava convinta di avere detto la cosa più banale di questo mondo.
Ma proseguiamo. Allora ho chiesto: "ok... ma per fare questo tipo di lavori, che percorso avete fatto?"
"bè, gli architetti l'università di architettura, gli avvocati giurisprudenza, io, che insegno catalano, lettere.."
No. Vergogna! capovolgimento del buon senso! Depravazione morale e deprecazione di tutte le leggi divine, le quali, così limpide, non lasciano spazio a misinterpretazione! A cosa la malizia dell'uomo può arrivare! Architettura per gli architetti, giurisprudenza per gli avvocati, lettere per gli insegnanti. Assurdo. Tutti noi italiani sappiamo che, come logica vuole, ti iscrivi ad architettura per due motivi: stare a cazzeggiare sei o sette anni e dopo lavorare come agricoltore, o fattorino, o commesso, o operatore ecologico. E ti iscrivi a giurisprudenza per fare il commerciante di pesce, il camionista o, al massimo, per aprire una lavanedria. In Spagna no: architettira architetto, giurisprudenza avvocato, lettere professore. Assurdo. Contorto.
Allora con il volto pieno di orrore, trattenendo a stento il vomito, la incalzo: "ok... ma dopo l'università quanti master, corsi di formazione, scuole di specializzazione, esami di stato, stage, tirocini retribuiti, non retribuiti, praticantati, lavoretti cococo, riqualificazioni professionali, seminari, workshop ecc avete fatto?"
"Como? non ho capito bene... ma provo a risponderti: dopo la laurea, cerchi finché, passato non più di qualche mese, trovi qualcuno che ti prende. Massimo un anno di prova e, se sai fare il tuo lavoro, sei assunto". ciliegina sulla torta. Ti fanno lavorare anche impreparato. Ti privano di quello che, come sappiamo, in italia è il fiore all'occhiello del sistema: la formazione post laurea.
Insomma, ho fatto presto in modo di parlare di altro. Ho controllato il mio disgusto e ho tergiversato, tornando a discorrere di musica. La mia amica non avrebbe capito. Culture troppo distanti. So che per noi sono cose incredibili. Ma dobbiamo cercare di capirle. Quando l'uomo è arrivato sulla terra non c'era la civiltà così come la conosciamo oggi. La civiltà è nata paino piano, con l'impegno e lo sforzo congiunto di tutti. Come ci ricordano i nostri nonni, fino a non molto tempo fa anche l'Italia -e oggi è difficile da credere- era un paese di barbari, come la Spagna.
PS: morale della favola: leviamoci dai coglioni, leviamoci dai coglioni finché non siamo morti del tutto
Eccoci nel nuovo decennio. Tutto appare completamente diverso, non vi pare? (ma anche no). Una cosa soprattutto devo dirla. Tornato distrutto (ma felice per il bel capodanno passato) da roma, per la prima volta in vita mia ho riletto un romanzo dopo averlo già fatto una volta. Ho sempre avuto la politica del letto-una-volta-poi-basta. Ci sono talmente tanti romanzi da leggere e scoprire!, pensavo. Lo stesso per il cinema, anche se con meno rigidità. L'unica cosa che mi concedevo di rileggere erano i libri saggi, almeno in parte.
Dal primo gennaio 2010 la mia vita non è più la stessa, poiché il mio punto di vista sulla lettura e sulla rilettura è mutato radicalmente. Seduto su una poltroncina sgualcita del treno, durante l'interminabile tratta regionale, ho aperto il libro che mi ero portato appresso, con la copertina dove si vedono dei grattaceli sullo sfondo di un cielo plumbeo; e sono partito dal primo dei tre racconti. Evevo un ricordo vago di quel testo letto in realtà neanche troppo tempo prima. Ricordavo soprattutto l'atmosfera che creava: ipnotica e plumbea. Ricordavo l'intreccio molto contorto, ricordavo l'assenza di una trama lineare (e di una trama tout court) e nonostante ciò ricordavo che l'impatto emotivo era forte e la tensione cresceva, rigo dopo rigo. Ricordo l'economia delle parole, anche di quelle che portano fuori strada o che stanno in postille apparentemente non necessarie. A ben vedere niente è fuori posto. Ricordavo che ero stato come risucchiato dalle sue pagine, ero entrato in una dimensione priva di coordinate, in cui i miei pensieri erani quelli di Qinn (il protagonista), le mie azioni erano quelle di Qinn, e come lui perdevo pian piano la cognizione dello spazio e del tempo. Ricordavo che anche allora ero in treno. A volte il treno è il posto giusto. Ricordavo che anche quella volta, improvvisamente, alla fine del capitolo, avevo guardato l'orologio e mi ero stupito di come fosse già passata un'ora, avevo guardato fuori e mi ero stupito di come fossi già arrivato a Siena. Non sapevo di saper altro, su quel racconto.
Qinn scorda e ricorda, muta pelle ad ogni pagina, insegue con tutta l'anima uno scopo, con disciplina; ma un attimo dopo quello stesso scopo è nell'oblio. All'inizio siamo calati in un giallo intrigante, ma lentamente tutto si contorge e si sgretola e l'obiettivo di risolvere il caso diventa solo un lontano e confuso ricordo. Come facente parte di na vita precedente. Alla fine ci si perde e, allo stesso modo, si raggiunge quello che è in potenza indicato fin dall'inizio del libro come lo stato finale, quello che Stillman (il cattivo) ha vaneggiato come lo stato divino, in cui il linguaggio che usiamo è una cosa sola con le cose che esso indica.
So di aver scritto alla Ghezzi, cioè in maniera ermetica e autoreferenziale. Però invito non tanto a leggere quanto a rileggere questo racconto. E' curioso, ricordavo tutto, ma non sapevo d ricordare. E' stato piacevole scoprirlo con lo scorrere delle pagine.
La rivoluzione che hanno portato i blog è chiara: anche un arrotino può scrivere trattati su Seneca. E spesso anche bei trattati. Lasciamo i nostri pensieri su cinema, politica, sesso, droga, rock'n'roll, filosofia, filologia romanza, cucito, arte di trattare le donne, masturbazione compulsiva e berlusconi. Dietro a questo freddo strumento telematico si ride e si piange. Convinti -e non avremo mai il modo per verificarlo, speriamo- che milioni di persone ci leggano